Italia, rotta migratoria ma anche ‘trappola’ per 8 milioni di uccelli che ogni anno diventano bersaglio dei bracconieri: aquile, cicogne, falchi e specie rarissime come l’ibis eremita. Ma chi spara alle specie protette rischia meno di una multa per eccesso di velocità. Nel nostro Paese sono 27 le aree ad alto tasso di bracconaggio, comprese quelle marine: una geografia del fenomeno che viene tracciata nel dossier ”Furto di Natura: storie di bracconaggio Made in Italy” del Wwf. Qualche esempio? Nelle Valli bresciane si catturano i passeriformi con trappole e roccoli, nelle isole di Ischia e Procida si aspetta il periodo di migrazione per sparare a milioni di piccoli uccelli, nelle isole Pontine si spara ai delfini, lungo l’Appennino tosco-emiliano i fucili sono contro lupi e rapaci, catturati o uccisi anche da trappole o bocconi avvelenati, lo stesso accade nel Sulcis, in Sardegna, ai danni dei cervi e passeriformi. E ancora, nello Stretto di Messina, attraversato ogni anno da 30-45mila uccelli migratori, non è stata ancora debellata completamente l’uccisione illegale di rapaci, cicogne, gru; lungo le coste sarde e nel Canale di Sicilia si pesca illegalmente il pesce spada. Nella sola provincia di Brescia, sorvegliata da anni da uno dei 50 nuclei di Guardie Volontarie Wwf, tra il 1996 e il 2015 sono stati denunciati 1.152 bracconieri, sequestrati 800 fucili, 1.498 cartucce, 4 candelotti di dinamite, 389 richiami acustici e 3 smartphone usati per attirare gli uccelli con richiami artificiali.